Il direttore Massimo Latronico: «Siamo contenti di metterci a disposizione del quartiere»
Dopo lunghi vagabondaggi per le strade del quartiere, ospitalità precarie, speranze che si sono trasformate in illusioni, i suoni nomadi hanno finalmente trovato una casa. Dal prossimo gennaio l’Orchestra di via Padova disporrà di uno spazio dove incontrarsi, provare e preparare i brani per dischi e concerti. La soluzione è frutto di un accordo tra l’orchestra e la scuola media Rinaldi di via Pontano (in zona via Padova, appunto), che offrirà al gruppo, due sere la settimana, l’aula di teatro nel seminterrato, non utilizzata.
LO SPAZIO -«In cambio – spiega il chitarrista Massimo Latronico, 45 anni, direttore dell’orchestra – noi abbiamo riorganizzato lo spazio, l’abbiamo messo in ordine, ripulito e imbiancato. Inoltre, lasceremo la nostra strumentazione di base sempre lì, a disposizione di progetti musicali della scuola e, perché no?, del quartiere». Nata nel 2006 e composta da musicisti provenienti, come origini, da tanti Paesi del mondo, l’orchestra intitolata alla via più multietnica della città è presto diventata un laboratorio artistico di confronto e scambio tra stili e sonorità diverse, come l’Orchestra di piazza Vittorio a Roma o l’Orchestra di Porta Palazzo a Torino.
L’ORCHESTRA – «Nel tempo – precisa Latronico, che di mestiere fa anche l’insegnante di musica – la formazione si è evoluta ed è cresciuta. Al momento siamo venti musicisti, tutti professionisti, di nove paesi diversi, dal Marocco al Perù, dalla Serbia a Cuba, per citarne alcuni. È logico che una struttura simile necessiti di una sede, indispensabile dal punto di vista pratico, fondamentale per consolidare la nostra identità. Abbiamo sperato in un aiuto da parte delle istituzioni – aggiunge – soprattutto del Comune. Ma, sebbene con questa giunta, rispetto a quella precedente, si sia almeno aperto un dialogo, alla fine nulla è stato fatto. A mio avviso, soprattutto a causa della burocrazia, della mancanza di regole, competenze e protocolli chiari. Per presentare una domanda, devi rimbalzare da un ufficio all’altro, a un altro ancora, e così via, per poi non ottenere risultati». In realtà, l’orchestra ha visto balenare due altre volte la prospettiva di una casa stabile: nel 2011, quando utilizzò uno spazio abbandonato nella palazzina dell’ex comune di Crescenzago, in piazza Costantino. «Ma dopo quattro mesi siamo stati sfrattati, la nostra situazione non era regolare», racconta Latronico. Poi, nel 2012, il miraggio si è ripresentato nelle sembianze del seminterrato sotto l’anfiteatro Martesana, proposto dal Consiglio di zona 2. «Però era un luogo in pessime condizioni, senza riscaldamento. Saremmo stati anche disposti a farci carico dei lavori, ma per intervenire sulla struttura ci volevano le autorizzazioni. Dopo trentadue ore di burocrazia, le ho contate, ho capito che non c’era niente da fare».
LA MUSICA – Ora che l’orchestra ha una casa confortevole, è pronta a mettersi ai fornelli per cucinare un nuovo album, il terzo. «Sarà un disco formato tutto da nostre composizioni, con testi firmati, tra gli altri, da Elena Lolli e Manuel Ferreira, della compagnia teatrale Alma Rosé, e musiche che sono il risultato delle reciproche e profonde contaminazioni tra noi, non il semplice assemblaggio di stilemi diversi, secondo lo stereotipo dell’orchestra multietnica. In più – conclude Latronico – sarà un’opera a tema, sulla cultura come forma di nutrimento». Il riferimento all’Expo è chiaro: «Il cibo e la musica sono le prime porte attraverso le quali si entra in contatto con le altre culture».
Matteo Speroni