Una nuova grammatica sportiva: «Abbiamo vinto 1-0 per gli altri»

Sentite questa. Un po’ di tempo fa Damiano Tommasi, il presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, essendo in giro per l’Italia telefonò a sua moglie per chiederle come era andata la partita di loro figlio. Il bambino sino ad allora aveva giocato poco in campionato e quel giorno era la prima volta in cui era sceso in campo quasi per tutto un tempo della partita. La moglie passò il telefono al bambino per farlo parlare direttamente con il padre: «Ciao papà.È andata benissimo, ci siamo divertiti e abbiamo vinto 1-0 per gli altri». La frase può sembrare un non senso, invece è fantastica. Dentro questa piccola “gaffe” ci sta tutto il bello dello sport e ci sta anche il “sogno” di come vorremmo che fosse il calcio dei bambini. Alla “roulette” della vittoriasconfitta possono giocare i grandi, ma non i piccoli, perché quella roulette funziona così: se esce “vittoria” sei felice e contento, se esce “sconfitta” devi essere triste, deluso e quasi arrabbiato per forza. Non può e non deve funzionare così. I ragazzi hanno un’altra grammatica sportiva. Per loro la gioia di giocare è molto più grande e più forte del risultato e siamo noi adulti a cercare di fargli credere il contrario. Due immagini aiutano a rendere l’idea. La prima l’ho colta alla fine di una partita di bambini in un oratorio di Milano. Una squadra perdeva 3-2 per avere preso un gol all’ultimo minuto. I ragazzi ci erano restati molto male, uscendo dal campo tra le lacrime. Intanto i genitori, infuriati con l’allenatore, facevano capannello al bar dell’oratorio lamentandosi perché in campo era entrato Tizio e non Caio. Il tempo di una doccia e la situazione era cambiata così: i ragazzi, usciti dallo spogliatoio, si erano messi a giocare a “porticine” sul campo di basket dell’oratorio con un sorriso stampato in faccia grande come una casa. Per loro la sconfitta era già dimenticata. I genitori, invece, erano ancora al bar a polemizzare sulla partita con il volto triste e arrabbiato. Altra scena che sarà capitato a molti di vivere e vedere. Finita la scuola alcuni ragazzi si fermano sul piazzale. Mettono giù gli zaini a fare da porta e cominciano a giocare. Senza arbitro, senza linee laterali… Partitoni infiniti dove tutti vogliono vincere e sudano letteralmente sette camicie. Quando le mamme, urlando, decretano la fine della partita perché si deve rientrare a casa, avete mai visto un bambino arrabbiato o triste perché sta perdendo? A noi sinceramente sembra di no… Il motivo è semplice: perché in quelle partite improvvisate “fuori da scuola” fanno tutto i bambini e non esiste nessun adulto che possa rovinare la magia del giocare. Sono esempi che devono far riflettere. Ogni volta che in una partita di bambini uno solo torna a casa deluso o arrabbiato hanno perso tutti. Sul referto dell’arbitro bisognerebbe inventare una riga in più. Vicino a marcatori, espulsi e ammoniti ci vorrebbe una riga rossa dove scrivere: partita da ripetere, perché Matteo è andato a casa triste o arrabbiato. A noi tutto questo sembra utopia. Al figlio di Damiano Tommasi no. Lui era così contento di aver giocato che era proprio convinto di aver vinto 1-0 per gli altri. Non a caso questo sarà il titolo di un libro di Tommasi che uscirà presto.

Massimo Achini, presidente nazionale CSI

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