Mese: Agosto 2013

Fingerhakeln: la sfida a dito di ferro

Una tradizionale prova di forza che spopola tra Gemania e Austria

Da queste parti il machismo da bar ha sempre trovato la sua espressione nelle gare di braccio di ferro. Ciascuno di noi ha provato, con alterne fortune, a cimentarsi almeno una volta in questa prova di forza. Ebbene si, lo ha fatto anche il sottoscritto, ma non è il racconto del mio trauma quello che vorrete leggere.

Invece di una narrazione di dolore e lesioni articolari vi toccherà una notizia interessante, specialmente se siete estimatori della pratica descritta sopra. Da buoni fan degli sport “estremi” vi farà forse piacere sapere che altrove esistono varianti del braccio di ferro che in Italia sono pressoché sconosciute. Sto parlando in particolare del Fingerhakeln, uno sport “da tavolo” molto diffuso tra Austria e Germania.

Prendendoci qualche licenza lo potremmo chiamare “dito di ferro”, perché in effetti chiama in causa proprio le estremità delle nostre mani. Il regolamento è semplice: due contendenti si siedono ai lati opposti di un tavolo, afferrando con un dito un anello di metallo. Quando la sfida inizia, ciascuna della parti in gioco cerca di trascinare il concorrente verso la propria estremità, dimostrando così di essere un vero forzuto. Volendo poi il vincitore può anche mostrare i muscoli al pubblico, ma non è obbligatorio.

Soprattutto in Baviera questo sport è preso molto seriamente. Nel piccolo paese di Ohlstadt, ogni anno, si svolgono i Campionati Alpini Internazionali che vedono i partecipanti divisi in categorie in base a peso ed età, come in tutte le competizioni che si rispettino.

Se tutto ciò vi ha incuriosito sappiate che il video qui sotto vi può darvi un’idea migliore di quello che avviene durante una sfida di Fingerhakeln. Chissà, magari deciderete di iniziare a praticarlo…

 

Fonte: Marco Ragni,6 giugno 2013,”WEEKEND E TEMPO LIBERO”

ECCO LA BIOGRAFIA DI DJOKOVIC: “NADAL E’ UNA PALLA DI TIC”

Un po’ come la Sharapova, anche Djokovic tenta di distrarsi dalla recente serie di insuccessi tuffandosi in tutt’altro genere: niente caramelle, ecco un libro che però molto ruota attorno al cibo. Con un segreto speciale
 
Tennis. Gli ultimi mesi non sono stati eccezionali, a dire la verità dal 2011 fantastico il serbo non si è più espresso ai suoi livelli monstre. Forse non il momento ideale, volendo fare gli esperti di marketing, per pubblicare una biografia nella quale elencare uno ad uno i segreti dei suoi successi (ormai un po’ datati), soprattutto se prevedono un corso speciale di cucina e yoga, più che sui campi da tennis.

Esce negli Usa, alla vigilia degli Us Open (qui scelta giusta dell’entourage), “Serve to win“, la biografia di Novak Djokovic. Al centro del racconto la dieta, segreto del suo successo: ma non solo. “Assicurati di dormire sette, otto ore a notte e medita, fai tantissimo yoga e tai chi, prendi integratori di melatonina, attaccati a una macchina di biofeedback che misura il livello di stress e, quando hai qualche momento libero, tieni un diario“. Insomma, non proprio ciò che si aspettava di leggere un appassionato di tennis alla lettura del libro. Magari si desiderava conoscere qualcosa in più riguardo ai 45 minuti di scioglimento dei muscoli praticato da Nole prima di ogni partita (argomento tanto discusso fra fisioterapisti e preparatori atletici), ed invece no.

Acqua, rigorosamente tiepida e non fredda per favorire la digestione,  miele, frullati di piselli (una vera bomba proteica) e niente glutine. Un pizzico di perplessità alla lettura di queste righe siamo certi verrà (condividiamo lo stesso stato d’animo), ma non per i due anni più opachi post-2011 vissuti dal serbo, quanto dalla presenza di decine di diete e metodi di rilassamento e concentrazione praticati da svariati atleti di qualsiasi sport. Inevitabilmente quella vincente è di chi vince, quella perdente di chi perde. Ma che correlazione intercorre fra le due cose? Difficile, quasi impossibile stabilirlo. Forse è sufficiente osservare quelle regole standard del buon senso, da buon professionista, senza strafarsi di cioccolata, alcool e sigarette.

Banale forse, ma la storia dello sport è colma di esempi simili: atleti che conducevano vite al limite ma capaci di essere i n.1 della loro epoca (Best, Maradona, Agassi, Tiger Woods e tanti altri). Il Wall Street Journal avanzò l’idea, nel famoso 2011, di un uovo ipobarico, un macchinario a pressione chiamato CVAC, alla base di quella straordinaria serie di successi. Ovviamente, su questo argomento, Djokovic ha eclissato ogni domanda.

Se qualcuno comunque ha in mente di dimagrire e perdere qualche allergia di troppo, ecco che i consigli di Nole tornano utili “Da quando ho cominciato la nuova dieta, ho perso 11 libbre e le mie allergie sono diminuite, la mia asma è scomparsa, le mie paure e i miei dubbi sono stati sostituiti dalla fiducia“. Ma anche Djokovic, qualche vizietto, se lo concede o no?

A sentire la sua risposta (che sembrava non vedesse l’ora di dare), pare proprio di si: “Mangiai cioccolata dopo la finale degli Australian Open vinta nel 2012 contro Nadal. Non sono mica una palla di tic nervosi e riti superstiziosi come lui“. Ecco, a proposito di marketing, non proprio la scelta ideale, quella di parlar male del secondo tennista più amato al mondo.

Soprattutto se non si è il primo.

Fonte: Orazio Rotunno, “Tennis.it”

Papa Francesco: Essere Dilettanti è la vera vocazione dello sportivo

l Santo Padre dedica ai Dilettanti il messaggio più bello del discorso rivolto in udienza alle nazionali di calcio italiana ed argentina lo scorso 13 agosto.

“Insieme all’unanime coro di apprezzamenti per la speciale accoglienza riservata da Papa Francesco alle nazionali italiana ed argentina lo scorso 13 agosto, giungano al Santo Padre i più sentiti ringraziamenti, mio personale e quello di tutta la grande famiglia del calcio dilettantistico italiano, per aver posto l’accento sullo spirito e sui valori che sono fondamenta della nostra attività, fatta di passione e volontariato”, questo il commento di Carlo Tavecchio, presidente della Lega Nazionale Dilettanti, al termine del discorso del Sommo Pontefice enunciato durante l’udienza in Vaticano alla vigilia della sfida amichevole tra gli azzurri ed i sudamericani. “Le sue parole così cariche di significato – ha concluso Tavecchio – sono risuonate quasi impreviste, richiamando gli uomini, prima ancora che gli atleti ed i dirigenti presenti, al vero significato sociale ed educativo del fare sport, calcio in particolare; senza nascondere l’emozione che ha contraddistinto questa visita, non ci rimane che testimoniare sempre con lo stesso entusiasmo la nostra vocazione, convinti che la LND, con le sue 15 mila associate e gli oltre 1 milione e 300 mila tesserati, rappresenti la base del calcio italiano e per questo anche il suo prezioso futuro”.

Di seguito si riporta il testo integrale del discorso pronunciato da Papa Francesco durante l’udienza in Vaticano dello scorso martedì 13 agosto 2013:

Cari amici,
vi ringrazio di questa visita, in occasione della partita amichevole tra le Squadre Nazionali di calcio di Italia e Argentina. Sarà un po’ difficile per me fare il tifo, ma per fortuna è un’amichevole… e che sia veramente così, mi raccomando!
Ringrazio i dirigenti della Federazione Italiana Giuoco Calcio e quelli della Federazione Argentina. Saluto gli atleti delle due Squadre Nazionali.
Voi, cari giocatori, siete molto popolari: la gente vi segue molto, non solo quando siete in campo ma anche fuori. Questa è una responsabilità sociale! Mi spiego: nel gioco, quando siete in campo, si trovano la bellezza, la gratuità e il cameratismo. Se a una partita manca questo perde forza, anche se la squadra vince. Non c’è posto per l’individualismo, ma tutto è coordinazione per la squadra. Forse queste tre cose: bellezza, gratuità, cameratismo si trovano riassunte in un termine sportivo che non si deve mai abbandonare: “dilettante”. E’ vero che l’organizzazione nazionale e internazionale professionalizza lo sport, e dev’essere così, ma questa dimensione professionale non deve mai lasciare da parte la vocazione iniziale di uno sportivo o di una squadra: essere “dilettante”. Uno sportivo, pur essendo professionista, quando coltiva questa dimensione di “dilettante”, fa bene alla società, costruisce il bene comune a partire dai valori della gratuità, del cameratismo, della bellezza.
E questo vi porta a pensare che, prima di essere campioni, siete uomini, persone umane, con i vostri pregi e i vostri difetti, con il vostro cuore e le vostre idee, le vostre aspirazioni e i vostri problemi. E allora, anche se siete dei personaggi, rimanete sempre uomini, nello sport e nella vita. Uomini, portatori di umanità.
A voi dirigenti, vorrei dare un incoraggiamento per il vostro lavoro. Lo sport è importante, ma deve essere vero sport! Il calcio, come alcune altre discipline, è diventato un grande business! Lavorate perché non perda il carattere sportivo. Anche voi promuovete questo atteggiamento di “dilettanti” che, d’altra parte, elimina definitivamente il pericolo della discriminazione. Quando le squadre vanno per questa strada, lo stadio si arricchisce umanamente, sparisce la violenza e tornano a vedersi le famiglie sugli spalti.